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a proposito di Strumenti urbanistici
Nell' ottica di uno sviluppo sostenibile e di una politica di gestione del territorio partecipata discende la necessità di una Norma “aperta”, concepita come atto di indirizzo e non come rigido balzello di regole non modificabili e spesso superate al momento stesso della loro approvazione.
La negatività di una Norma rigida si esprime, a parere della scrivente, anche a livello sociale, perchè deprime - quando non inibisce – non solo l’iniziativa ma anche il processo di coinvolgimento ad una maggiore consapevolezza degli effetti che le singole trasformazioni hanno sul territorio; Norma quindi intesa prioritariamente non come “regola” ma come veicolo di una “cultura del comportamento”.
Nel processo di sviluppo sostenibile e partecipato fattore importante è la separazione tra Norma tecnica e Legge; a quest’ultima deve essere affidato il compito di specificare gli obbiettivi che si intendono raggiungere piuttosto che le tecnologie da utilizzare; l’indicazione di tecnologie deve avvenire al puro fine dimostrativo rispetto ai risultati/obbiettivo che si intendono raggiungere.
Nel contesto di uno sviluppo sostenibile e partecipato l’attuazione degli interventi può avvenire secondo nuovi strumenti: strumenti di incentivazione delle attività di salvaguardia – evitando meccanismi che deprimano l’iniziativa di qualità e, non volendo, portino all'impoverimento ed al degrado quando non all’abbandono della campagna.
Note sull’architettura rurale toscana – l’edificato
1. scelta del sito
Tra gli elementi più caratteristici, riconosciuti tra gli elementi invarianti dell’architettura rurale, è la scelta del sito; sicuramente in posizione baricentrica rispetto al fondo da condurre, spesso condizionato dal riutilizzo di edifici preesistenti (torri di avvistamento medioevali) di preferenza sul punto più elevato ma prioritariamente laddove il terreno presenta o consente la creazione di un pianoro. Probabilmente tale soluzione deriva direttamente dall’esigenza di creare degli ambienti salubri, difesi dall’umidità e quindi per esempio dagli insetti, anche per effetto di una ottimale ventilazione.
Al fine di creare una zona pianeggiante, futuro sedime del fabbricato, sono frequenti opere di modificazione morfologica del terreno, con creazione di terrapieni sorretti da muri a secco.
Lo sviluppo dell’edificazione per aggiunte volumetriche favorisce la mutua modificazione morfologica e volumetrica.
Case coloniche nei pressi di San Donato in Poggio (Firenze)
(Tratto da G. Biffoli, G Ferrara, “La casa colonica in Toscana” Vallecchi editore, 1966)
2. caratteri compositivi
Uno dei caratteri compositivi principali dell’architettura rurale è sicuramente l’articolazione volumetrica: prodotto di un incessante variazione delle forme nel tempo a seguito del mutare delle funzioni e delle esigenze.
Tale processo avviene per addizione di volumi semplici, giustapposti ed accostati, ognuno denunciante il proprio carattere.
L’articolazione volumetrica permette di rapportarsi con l’orografia del terreno in modo armonico.
“Porreto” Le Caldine (Firenze); si notino le alterazioni morfologiche introdotte per mitigare l’acclività del sito; da notare anche la presenza dell’orto recinto
(Tratto da G. Biffoli, G Ferrara, “La casa colonica in Toscana” Vallecchi editore, 1966)
L’articolazione volumetrica, addizione di volumi semplici, è esaltata dalla presenza di logge e porticati, spesso giustapposti.
Assolvono la funzione di filtro tra gli ambienti domestici e di lavoro con l’esterno; di fatto assolvono anche la funzione di creare delle zone d’ombra, antesignane soluzioni di una architettura bioclimatica non sofisticata. “La Rabatta” tra Tavarnuzze e l’Impruneta (Firenze)
Note sull’architettura rurale – il resedio
Per resedio si intende l’area di pertinenza edilizia dell’architettura rurale, fulcro di tutte le attività. Al suo interno trovano spazio molteplici attrezzature: il pozzo, l’aia, l’orto recinto...
Quest’ultimo, elemento forse meno conosciuto dell’organizzazione del resedio, era in realtà un piccolo sunto del podere; il suo prodotto è solo del contadino e non va spartito con nessuno. Si coltivano fiori ed erbe aromatiche per la cucina, ma anche alberi da frutto; è rigorosamente recinto, con canne ma anche, più recentemente, con reti metalliche, per difenderlo dall’intrusione di galline e gatti. “la Topaia”, S. Brigida, (Firenze); si noti, in primo piano, l’orto recinto.
Note sull’architettura rurale – edifici accessori
- La cantina
“La cantina intesa come locale seminterrato costruito sotto la casa, è molto raro nella dimora rurale toscana (frequenti esempi se ne trovano in Garfagnana). Di solito le case sono costruite con poca fondazione o addirittura sul sodo affiorante; lo sbancamento, proprio dell’edilizia urbana, non ha senso in campagna; pertanto viene a mancare l’occasione di utilizzare volumi sotterranei. Infatti le tinaie, quando ci sono, trovano posto al piano terreno degli edifici con le stalle e gli altri <rustici>. (...) dove la natura lo consente, si scavano cantine nel tufo o nel mottaione”. (G. Salvagnini “Resedi rurali in Toscana” Salimbeni, 1980)
- I ricoveri (capanna).
Nell’architettura rurale esistono, in realtà, moltissimi tipi di capanne, a seconda della funzione; essa viene intesa come fienile, che di norma sorge nel resedio, i capanni per gli animali, “per guardare l’uva”, quando non anche residenze temporanee. Esiste poi la “capanna di paglia”, con funzioni diverse, quasi sempre deposito sussidiario; è di norma realizzata con tetto di paglia e perimetro in muratura. A pianta rettangolare, ma non è raro che assuma una forma arrotondata, anche cilindrica con tetto conico. (cifr. R. Biasutti “La casa rurale nella toscana” Arnaldo Forni Editore)
Riflessioni conclusive
Numerosi sono gli esempi e le esperienze architettoniche che, non rinunciando alla responsabilità di “vivere il proprio tempo”, si radicano nella cultura del territorio e nel recupero dei caratteri invarianti, in un processo di riattualizzazione che consente alla storia di avverarsi. R. Gabetti, A. Isola, Villa Pero (Torino) M. Ridolfi – studi per casa Lina – “ciclo delle Marmore” (Terni) L. Ricci, Monterinaldi